Sequestro di persona e rifiuto di atti d'ufficio per avere impedito, cinque anni fa, lo sbarco a Lampedusa di 147 migranti. Sulla base di questa accusa, il pubblico ministero Geri Ferrara nella sua requisitoria a Palermo al processo "Open arms", ha chiesto sei anni di condanna per il ministro e vicepremier Matteo Salvini, all'epoca dei fatti ministro dell'Interno nel primo governo Conte. "C'è un principio chiave non discutibile - ha detto il Pm - tra i diritti umani e la protezione della sovranità dello Stato sono i diritti umani che nel nostro ordinamento, per fortuna democratico, devono prevalere. La persona in mare è da salvare, ed è irrilevante la sua classificazione: migrante, componente di un equipaggio, passeggero". Il magistrato ha inoltre respinto l'accusa di di avere intentato un processo politico e sottolineato che "non ci può essere subordinazione del rispetto diritti umani e alla ridistribuzione dei migranti. Prima si fanno scendere i migranti e poi si ridistribuiscono: altrimenti si rischia di fare politica su gente che sta soffrendo". E poi, per la pubblica accusa "non tutti i Paesi possono essere considerati un porto sicuro, perché non in tutti i Paesi vigono le regole democratiche e il rispetto dei diritti umani". La Libia e la Tunisia non sono per il Pm Paesi considerabili approdi sicuri, tanto è vero che l'attuale responsabile del Viminale, Matteo Piantedosi, nella sua testimonianza al processo ha riferito che "i centri in Libia sono sicuramente centri illegali, mai abbiamo consegnato delle persone ai libici'".
Le tesi del Pm sono state respinte dall'avvocato difensore di Salvini, nonché parlamentare della Lega, Giulia Bongiorno: "quella del pubblico ministero è una requisitoria contro il decreto sicurezza bis che è un atto del governo e contro la linea politica prima redistribuire e poi sbarcare". "Mai nessun governo e mai nessun ministro nella storia è stato messo sotto accusa e processato per aver difeso i confini del proprio Paese", ha detto da parte sua Salvini, che ha ricevuto immediata solidarietà dalla premier Meloni e dall'altro vicepremier e leader di Forza Italia, Tajani. "È incredibile che un Ministro della Repubblica Italiana rischi 6 anni di carcere per aver svolto il proprio lavoro difendendo i confini della Nazione", ha detto la prima , mentre per Tajani, "Chiedere 6 anni di carcere per questo motivo appare una scelta irragionevole e per giunta senza alcun fondamento giuridico".
Di tutt'altro tenore la prima reazione di Luca Casarini, capomissione della ong Mediterranea, presente nell'aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo per assistere alla requisitoria: "Penso che non sia un processo contro l'Italia ma un processo contro quello che disonora l'Italia". Sulla dichiarazione della premier è invece intervenuta la leader Dem, Elly Schlein: "molto inopportuno l'intervento della presidente del Consiglio Giorgia Meloni".