L'ambasciatrice italiana in Iran è stata convocata per venerdì mattina al ministero degli Esteri a Teheran. Lo ha detto il ministro degli esteri Tajani intervenendo ad una trasmissione di Rete 4 sul caso della giornalista italiana Cecilia Sala, detenuta dal 19 dicembre nella famigerata prigione di Evin. "Mi auguro che i tempi per il rilascio non siano lunghi. Spero siano i più brevi possibili, ma non dipende da noi - ha detto ancora Tajani- . Stiamo facendo tutto ciò che è nostro possesso con la presidenza del Consiglio, il ministero degli Esteri, l'Intelligence, stiamo lavorando 24 ore su 24 per cercare di risolvere il problema e riportare Cecilia a casa al più presto". Nella giornata di giovedì, la mamma della giornalista, Elisabetta Vernoni, è stata ricevuta a Palazzo Chigi dalla presidente del consiglio Meloni. La prima preoccupazione di Elisabetta Vernoni è che le condizioni carcerarie "non segnino per la vita" la figlia. La signora Vernoni ha auspicato "decisioni importanti e di forza del nostro Paese per ragionare sul rientro in Italia". Il suo rimpatrio, fanno sapere dall'esecutivo, dopo un vertice oggi a Palazzo Chigi, è una questione di interesse nazionale.
Il destino di Cecilia Sala, come è apparso evidente sin da suito, è strettamente legato a quello di Mohammad Abedini, imprenditore iraniano, fermato pochi giorni prima del fermo a Teheran di Cecilia Sala, su richiesta degli Stati Uniti che ne chiede l'estradizione accusandolo di cospirazione e supporto materiale al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica. Che sia così lo ha messo in chiaro lo stesso ambasciatore iraniano a Roma, Mohammad Reza Sabouri, convocato dal segretario generale della Farnesina Riccardo Guariglia alla luce della seconda, e per ora ultima, telefonata della giornalista ai parenti. Nella drammatica telefonata, Cecilia ha raccontato come le sue condizioni nella prigione di Evinnon siano in alcun modo migliorate: due coperte come giaciglio, niente materasso né maschera per gli occhi nella cella illuminata 24 ore su 24.