Duterte nelle mani della Cpi: l'ex presidente filippino accusato di crimini contro l'umanità resterà in carcere nei Paesi Bassi sino al processo

L'ex presidente delle Filippine Rodrigo Roa Duterte in custodia della Corte penale internazionale (Cpi). Arrestato ieri a Manila su mandato d'arresto internazionale della Cpi per crimini contro l'umanità (omicidio, tortura e stupro), è atterrato a Rotterdam nei Paesi Bassi, dove ha sede la Corte, nel pomeriggio di mercoledì. Entro pochi giorni, Duterte dovrà affrontare una prima apparizione davanti alla Corte penale internazionale dell'Aja che confermerà la sua identità, verificherà che comprenda le accuse contro di lui e fisserà una data per un'udienza per valutare se i pubblici ministeri hanno prove sufficienti per mandarlo a processo. In caso di condanna, il 79enne ex presidente potrebbe rischiare una condanna massima all'ergastolo

E' accusato di avere commesso crimini che hanno provocato migliaia di morti, come capo della Davao Death Squad (Dds) e successivamente come presidente delle Filippine, guidando una spietata lotta al narcotraffico. Duterte ha rivendicato le sue azioni. In un video ha detto: "Sono io che ho guidato le nostre forze dell'ordine e l'esercito: ho detto che vi proteggerò e che mi assumerò la responsabilità di tutto questo".

Duterte ha costruito la sua carriera politica attorno all'immagine di leader inflessibile contro il crimine. Già come sindaco di Davao, nel sud delle Filippine, aveva imposto misure estreme, guadagnandosi il soprannome di "The Punisher" (Il Punitore). Nella sua campagna presidenziale del 2016 si presentò ai filippini dicendo: "Dimenticate le leggi sui diritti umani. Se arrivo alla presidenza, farò esattamente ciò che ho fatto da sindaco. Voi spacciatori, rapinatori e fannulloni, fareste meglio ad andarvene. Perché vi ucciderò". Propositi che ha mantenuto una volta eletto presidente: secondo dati ufficiali del governo filippino, la guerra alla droga ha causato la morte di oltre 6mila persone, mentre organizzazioni indipendenti stimano che il numero effettivo possa superare le 30mila vittime. Contro Duterte importante è stato l'impegno della Chiesa cattolica filippina che ha fatto pressione sull'attuale governo, inizialmente riluttante, a collaborare con la Cpi.